Le conseguenze del Covid-19 vanno oltre il tampone negativo. Nella prima parte della pandemia, si pensava che le conseguenze del contagio da Coronavirus si esaurissero con il periodo di quarantena. Qualche linea di febbre, un po’ di tosse, ossa rotte e una generale sensazione di malessere per una decina di giorni: passato questo, tutto finito. Non è così. In primis, c’è da approfondire la questione degli asintomatici. L’anno scorso, con l’evolversi della pandemia, si pensava che gli asintomatici fossero esclusi da ogni conseguenza. Questo è vero solo in parte: anche chi ha fatto il Covid in forma asintomatica, può avere delle conseguenze in futuro. Ma andiamo con ordine e vediamo cosa provoca il contagio nelle diverse regioni anatomiche.
Covid-19 e polmoni: ecco cosa accade
La principale conseguenza del Covid-19 è la polmonite interstiziale. Si tratta di infiammazione complessa nello spazio tra gli alveoli in cui avviene lo scambio fra ossigeno e anidride carbonica. Questo processo infiammatorio altera le condizione fisiologiche e provoca insufficienza respiratoria. Le persone vivono una condizione di insufficienza respiratoria e sono “costretti” a respirare con l’aiuto di ossigeno e ventilatori polmonari.
La polmonite interstiziale causa una generale diminuzione dell’ossigenazione del sangue. L’organismo si sente “attaccato” e reagisce nell’unico modo possibile: aumentare la frequenza degli atti respiratori. Il paziente (la cui temperatura supera i 38 gradi) avverte mancanza di fiato anche stando fermo o parlando e può sentire dolori toracici. In aggiunta a questi sintomi, può comparire anche una forma di tosse molto insistente (non particolarmente forte, ma fastidiosa). La polmonite interstiziale inoltre può compromettere la funzionalità di altri organi e va curata attraverso terapie post-Covid.
Le conseguenze al cuore
Tutte le infezioni respiratorie (come il Coronavirus) aumentano il rischio di eventi nefasti legati al cuore come infarti o ictus. I primi a registrare complicazioni cardiache legate alla pandemia di Coronavirus sono stati i medici cinesi, poi a seguire ne hanno parlato anche i medici italiani sulle colonne della rivista Jama Cardiology. Secondo alcuni ricercatori statunitensi, “il Covid-19 determina un aumento rapido e significativo della risposta infiammatoria che può coinvolgere anche i vasi sanguigni e il cuore”.
Le prime conseguenze di questa condizione sono vasculiti, miocarditi e aritmie cardiache. L’eccessiva risposta infiammatoria inoltre potrebbe avere ripercussioni notevoli su alcune funzione vitali. Il risultato è la coagulazione del sangue e la formazione di grumi (causa principale di trombosi ed embolie polmonari).
Conseguenze del Covid-19 e insufficienza renale acuta
Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale, ha fatto dichiarazioni importanti in merito all’insufficienza renale acuta: “Sappiamo che l’infezione determina un aumento della microcoagulazione del sangue in diversi organi. Alcune persone potrebbero essere morte perché i reni si sono bloccati proprio a causa di questo evento. Non è un caso che l’Agenzia Italiana del Farmaco abbia dato l’ok all’uso dell’enoxaparina, un farmaco usato da tempo per la cura di diverse malattie vascolari che tendono a formare trombi ed emboli”.
Conseguenze del Covid-19 e danni al fegato
class=”grid-element widget w-banner-small”>Alcune ricerche pubblicate sul New England Journal of Medicine hanno evidenziato una connessione fra i casi più complessi di Covid-19 e un aumento di aminotransferasi e bilirubina. Questo aumento fa pensare a un danno epatico, ma non tutti i medici sono d’accordo. Ad oggi, non sussiste evidenza scientifica e si può soltanto ipotizzare che la risposta immunitaria al virus possa avere ripercussioni sul fegato come avvenne nel caso di Sars e Mers. L’unica certezza al momento è che l’utilizzo di alcuni farmaci per il Covid-19 provoca danni notevoli dal fegato: l’idrossiclorochina può provare un danno epatico idiosincrasico, il Lopinavir è associato a un aumento dei livelli di transaminasi sieriche, il Baricitinib e il Darunavir possono causare (in minima parte) l’aumento delle transaminasi.
I danni al cervello
Gli ultimi studi l’hanno confermato: il Covid-19 provoca danni cerebrali. Una delle prime università a certificarlo è stata quella di Goteborg, che ha evidenziato sintomi clinici e neurofisiologici a livello cerebrale prelevando campioni di sangue da 47 persone ricoverate di Covid. La comparazione con i dati di 33 persone non infette è stata fatta in base ad alcuni biomarker: aumenta il Gfap (proteina acida fibrillare gliale), che di norma è presente negli astrociti e nelle cellule gliali a forma di stella che fanno da supporto ai neuroni. L’altro biomarker che aumenta è il Nfl (proteina della catena leggera del neurofilamento), anch’esso riscontrabile nel sangue se la cellula che lo contiene è danneggiata. Queste le parole del ricercatore Magnus Glissén: “La misurazione di questi biomarker potrebbe essere impiegata per tenere sotto controllo chi è malato in forma moderata o grave di Covid-19, per contenere il rischio di danni cerebrali”.
Conseguenze Covid-19 sull’olfatto
Una della principali conseguenze del Covid-19 è la perdita dell’olfatto. Molti pazienti colpiti da Covid-19 infatti non recuperano questa funzione al termine della malattia e sono costrette a effettuare terapie post Covid. Circa la metà dei contagiati, recupera gradualmente questa funzione mentre gli altri sono costretti a convivere con l’anosmia. Una perdita disabilitante e invalidante nel caso di cuochi, enologi, sommelier o preparatori di profumi.
Perché anche gli asintomatici sono malati
In questi mesi, si è parlato molto di asintomatici e Coronavirus. In una prima analisi, si pensava che gli asintomatici fossero immuni da conseguenze. Col passare dei mesi però, ci si è accorti che non è così. Uno studio condotto sulla nave da crociera Diamond Princess ha evidenziato che su 76 soggetti in cui il virus non ha dato nessun sintomo apparente, il 54 per cento presentava comunque lesioni polmonari. Lo studioso Enrico Bucci ricorda anche uno studio condotto in Cina su bambini da 11 mesi a 14 anni in cui una porzione non trascurabile di soggetti dal decorso completamente asintomatico manifestava parimenti le classiche opacità polmonari e quindi le classiche lesioni legate all’infezione nei polmoni.
Benché queste evidenze non siano sufficienti e sia necessario fare studi più approfonditi, gli studiosi sono concordi nell’affermare che le conseguenze del Covid-19 potrebbero vedersi anche a distanza di tempo. Per questo motivo, una volta terminata la malattia (dopo il primo tampone negativo) diventa necessario effettuare un check-up completo e monitorare parametri che non rientrano nella norma.