Misurazione della pressione arteriosa: come si fa e a cosa serve

La misurazione della pressione arteriosa è un test estremamente facile che si può effettuare in ogni momento e ovunque, a patto che si disponga di una strumentazione dedicata.

Serve sostanzialmente a valutare la forza esercitata dal sangue contro le pareti dei vasi arteriosi di cui è composto il sistema cardiocircolatorio, dando un’indicazione di massima sulla potenza di pompaggio del cuore e sulla resistenza opposta al circolo del flusso sanguigno dai vasi o dalla loro più o meno ridotta elasticità.

Il monitoraggio della pressione arteriosa, considerata un parametro vitale di estrema importanza, è particolarmente indicato per tenere sotto controllo condizioni di ipo o ipertensione, in modo da intervenire tempestivamente laddove il medico reputi più opportuno.

Valori e parametri di riferimento

Cosa vuol dire pressione minima e massima? Perché si valutano tutt’e due?

Per capire meglio a cosa serva la misurazione della pressione arteriosa, bisogna considerare la fisiologia del sistema cardio circolatorio.

Ogni qualvolta il cuore si contrae – sistole – viene messa in circolo una quantità di sangue tale da distendere le pareti dell’aorta e delle altre arterie che si dilatano al passaggio del flusso. È questo il momento di massimo sforzo e quindi di pressione più elevata e si parla di pressione massima o sistolica. Quando invece il cuore si distende – diastole -, riempiendosi di sangue venoso, i vasi arteriosi si contraggono per poter distribuire il sangue agli organi e alla periferia. In questo momento si parla invece di pressione minima o diastolica.

Solitamente quando si procede al monitoraggio della pressione si ottengono proprio questi due risultati, perché il loro rapporto può fornire utili informazioni sulla salute del sistema circolatorio.

I valori ottimali a riposo della pressione sono di 115-120 mmHg per la massima e di 75-80 mmHg per la minima. Questi valori, infatti, indicano una buona elasticità dei vasi e l’assenza di ostruzioni o riduzioni di lume degli stessi che potrebbero alterare la circolazione del sangue e quindi la distribuzione di nutrienti e ossigeno all’organismo.

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Ipertensione e ipotensione

In presenza di risultati fuori da questo range di valori si può parlare di:

  • ipertensione, o pressione alta: con valori superiori ai 90 mmHg di minima e 140 mmHG di massima. Poiché nella maggior parte dei casi l’ipertensione non dà particolari sintomi se non nei casi più gravi, è bene controllare la pressione per scongiurare la rottura dei vasi o l’insorgere di patologie del miocardio, dei reni, dei vasi e del cervello.
  • ipotensione, o pressione bassa: con valori inferiori a 100 mmHg si è in presenza di ipotensione, causa di affaticamento, vertigini e svenimenti. È una condizione meno pericolosa dell’ipertensione, ma può diventare un problema se la quantità di ossigeno ricevuta dal cervello non è sufficiente.

Quali sono gli strumenti per misurare la pressione?

La pressione arteriosa viene per lo più misurata sull’arteria omerale del braccio.

Il dispositivo più comune per il test è lo sfigmomanometro, invenzione di Scipione Riva-Rocci, che risale alla fine dell’Ottocento. Esso consiste in un manicotto di tessuto che contiene una camera ad aria, collegata a una pompetta e a una sorta di barometro o manometro, costituito da una colonna graduata all’interno della quale un liquido si dilata in base alla pressione ricevuta – i primi modelli erano in mercurio, ma oggi sul mercato sono stati rimpiazzati da strumenti più precisi e del tutto non tossici.

L’uso del solo sfigmomanometro è destinato al rilevamento della pressione sistolica, mentre se a esso si abbina lo stetoscopio si può valutare anche la pressione arteriosa diastolica.

Oggi tuttavia si preferiscono strumenti digitali che svolgono la funzione di rilevamento della pressione associata a quella del battito cardiaco. Non bisogna dimenticare però che sarà il medico a dover interpretare le misure ottenute e indicare se necessaria una terapia per la gestione della pressione.

Quando e come si misura la pressione

Il controllo della pressione arteriosa dovrebbe essere una buona prassi da annoverare nella vita di tutti fin da giovani, perché le variazioni di questo fondamentale parametro vitale sono indici rilevanti dello stato di salute del soggetto.

Per far sì che la misurazione sia il più possibile fededegna, sarebbe auspicabile prenderla almeno due volte a settimana, sempre alla stessa ora e osservando alcune piccole indicazioni.

Quando si procede al monitoraggio, infatti, bisogna trovarsi in una posizione di riposo comoda, seduti o sdraiati, senza indumenti che stringano il braccio che deve essere appoggiato su un piano orizzontale all’altezza del cuore. Bisogna anche evitare situazioni di stress e distrazioni, concedendosi qualche minuto di pausa prima della misurazione in modo da normalizzare il flusso sanguigno.

Possono influire sul rilevamento anche l’assunzione di caffè, thé, alcol, fumo o sostanze che accelerino o decelerino il battito cardiaco, come farmaci e droghe, pratiche sportive intense e prolungate e la gravidanza.

Infermieri a domicilio per la misurazione della pressione

Sebbene sia una pratica facile e veloce, che può essere effettuata da chiunque, la misurazione della pressione arteriosa può richiedere una certa perizia, soprattutto in casi particolari, ad esempio in pazienti diabetici o geriatrici.

A Roma i servizi infermieristici di assistenza domiciliare forniti da For Life Emergenza includono sempre la rilevazione dei parametri vitali come appunto la pressione.

Per ogni evenienza, 7 giorni su 7 e 24 ore su 24: 06 86 976 146 o www.emergenzaforlife.it

Azotemia, che cos’è e perché si misura con le analisi del sangue?

L’azotemia, come suggerisce il nome, è un indice che misura la quantità di azoto totale non proteico disciolto nel sangue e serve a valutare la funzionalità dei reni.

Viene solitamente prescritta con le analisi di routine sia attraverso un prelievo ematico che con le analisi delle urine, come screening di base sulla condizione di salute dell’apparato escretore.

Azotemia e urea

L’esame dell’azotemia è un parametro laboratoriale che valuta il livello di concentrazione sanguigna di azoto dosando la quantità di un metabolita, l’urea, ivi presente.

L’urea è una scoria azotata, prodotto del catabolismo delle proteine ad opera del fegato, che in circostanze non patologiche risulta del tutto innocua per l’organismo, venendo interamente filtrata dai glomeruli renali, addetti alla depurazione del sangue ed espulsa tramite le urine. Essa rappresenta all’incirca il 90% dell’azoto urinario di un soggetto adulto.

Il tasso sanguigno di urea riflette quindi lo stato di funzionamento, di velocità e di efficienza dei reni, organi preposti allo smaltimento delle sostanze di scarto, come per l’appunto l’urea.

I valori normali di azotemia si situano tra 0,15 e 0,45 g/l, con alcune variazioni in base all’età, al sesso, ai livelli di idratazione dell’individuo, allo stato di gravidanza e agli apporti alimentari.

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Come si effettua l’analisi?

Azotemia: prelievo

L’esame dell’azotemia si effettua su un campione di sangue venoso, prelevato con apposita siringa sterile, o, in certi casi, direttamente sulle urine: i due esami insieme, infatti, permettono di avere una panoramica globale della capacità renale del soggetto, facendo un rapporto tra urea sanguigna e azoto urinario.

Il prelievo ematico può essere effettuato anche non a digiuno, così come la raccolta delle urine, che solitamente deve essere fatta più volte nell’arco di 24 ore.

Quando si prescrive l’azotemia?

Il dosaggio dell’urea è prescritto, come abbiamo detto, per valutare la funzionalità dei reni, soprattutto quando sussiste il sospetto di un’insufficienza renale o in presenza di patologie specifiche quali il diabete e malattie del miocardio, ma anche quando si riferiscono dolori lombari che potrebbero indicare una natura non muscolare o ossea.

Spesso associata con il dosaggio di creatinina, l’azotemia si prescrive anche prima di iniziare terapie farmacologiche che potrebbero interferire con la capacità renale, o per valutare gli effetti della dialisi in caso di insufficienze renali conclamate.

Azotemia alta e azotemia bassa: cosa indicano?

Valori di azotemia fuori dalla norma indicano una sofferenza dei reni.

In particolare se si riscontra un tasso elevato di urea sanguigna, iperazotemia, può essere indice di una malattia a carico di questi organi, come la glomerulonefrite, la pielonefrite, l’ischemia, i calcoli renali, ma anche di altre patologie, come la sindrome emolitico-uremica (specialmente nei bambini), emorragie gastro-intestinali, ipercatabolismo, insufficienza cardiaca o semplicemente di condizioni di disidratazione, di gravidanza o di eccessivo apporto proteico.

I casi di azotemia bassa, ipoazotemia, si riscontrano per lo più in presenza di patologie a carico del fegato, quali insufficienze epatiche, tumori, epatite tossica – specie in caso di alcolismo o di avvelenamento per esposizione a sostanze chimiche -, o associata a grave malnutrizione, avvelenamento e nefrosi.

Come migliorare la salute dei reni e mantenere sotto controllo l’azotemia

Per mantenere livelli ottimali di azotemia è fortemente raccomandato seguire uno stile di vita sano ed equilibrato.

Astenersi dal consumo di alcolici, fumo e sostanze tossiche per l’organismo, evitare i regimi alimentari iperproteici o chetogenici, bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno, sono piccole accortezze di facile messa in atto che prevengono l’insorgere di complicazioni a carico di reni e fegato.

Azotemia a casa, come farla

Se vuoi monitorare il tuo stato di salute ma per questioni di tempo o logistica non hai mai tempo o il modo di andare a fare le analisi, a Roma For Life Emergenza offre un servizio di screening completo, da programmare in qualsiasi momento della giornata e sette giorni su sette.

Per info e prenotazioni: emergenzaforlife.it

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Classificazione di Ehrenwerth: come si stabiliscono le classi di rischio del trasporto pazienti

Il trasporto interospedaliero di un paziente comporta un rischio per la sua incolumità e per la sua condizione medica: per limitare al massimo il sopraggiungere di criticità durante questa fase, esistono numerosi protocolli e linee guida da seguire, tra cui la classificazione di Ehrenwerth adottata in larga misura anche in Italia.

Ideata dall’anestesista Jan Ehrenwerth nel 1986, questa classificazione fornisce uno schema di massima che stabilisce il tipo di equipaggiamento e le figure sanitarie che devono accompagnare il paziente nel trasporto secondario, in base alle sue condizioni di salute.

Lo studio di Ehrenwerth

Pubblicato nel 1986 sulla rivista Critical Care Medicine, lo studio Transport of critically ill adults si basava sull’osservazione di 204 trasporti di pazienti critici all’ospedale Standford Medical Center, sia via aerea che su strada, messi in atto da un team apposito del nosocomio che si recava nelle strutture periferiche per stabilizzare i pazienti e per portarli nella sede principale.

Dalle indagini svolte, emerse che, grazie all’opportuno monitoraggio e alla specializzazione nel trasporto di questa equipe di terapia intensiva dedicata al trasferimento, i rischi di decesso o di peggioramento del quadro fisiopatologico dei pazienti veniva, se non azzerato, ridotto al minimo.

Da allora la classificazione di Ehrenwerth è stata rimodulata e aggiornata anche a fronte della disponibilità di nuove tecnologie e procedure per i trasporti secondari, ma rimane un punto di riferimento nelle normative di questo ambito sanitario.

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I criteri di rischio della classificazione di Ehrenwerth

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Tabella della classificazione di Ehrenwerth secondo lo studio del 1986

Come abbiamo detto, il trasferimento di un paziente da una struttura sanitaria all’altra può presentare rischi considerevoli nello status fisiologico dell’infermo, poiché prevede una sospensione, pur temporanea, del monitoraggio assicurato dagli strumenti presenti in ospedale.

Per limitare i danni che potrebbero incorrere nel trasporto, Ehrenwerth ha individuato quattro livelli di gravità, a cui corrisponde l’impiego di determinati supporti medici e l’intervento di personale idoneo all’assistenza del paziente durante la movimentazione.

I fattori in base ai quali è suddivisa la classificazione da tenere in considerazione durante il viaggio sono:

  • la stabilità emodinamica del paziente
  • la necessità di monitoraggio invasivo
  • il bisogno di un supporto ventilatorio
  • l’esigenza di un supporto farmacologico

Il personale per il trasporto del paziente critico

Una volta identificata la classe di appartenenza del paziente, ne consegue l’accompagnamento da parte di figure professionali diverse sull’automezzo e fino al luogo di destinazione.

Bisogna sottolineare che ogni struttura valuta differentemente l’assegnazione della classe di rischio del paziente, adottando di volta in volta soluzioni che possono differire sensibilmente dalla regola standard. Uno dei parametri che variano maggiormente, poi, è il rischio evolutivo di alcune patologie che determina un accresciuto livello di guardia nello spostare il paziente.

In linea generale, solitamente a bordo dell’autoambulanza si troverà un pilota – personale non sanitario -, un infermiere, a partire dalla classe di Ehrenwerth II, mentre per le classi più gravi è sempre indispensabile la presenza di un medico: è il caso di pazienti intubati, tracheostomizzati, o che necessitano della somministrazione di farmaci salvavita o, ancora, con la necessità di avere un monitoraggio e un supporto vitale di tipo invasivo.

Trasporti secondari in ambulanza a Roma

Salvo urgenze ospedaliere, il trasferimento dei pazienti può essere affidato a servizi privati che assicurano un livello di attenzione al paziente elevatissimo, potendo contare su personale qualificato e su strumentazioni all’avanguardia.

A Roma, Emergenza For Life dispone di una flotta di autoambulanze e automediche preposte a questo tipo di situazioni, mettendo in campo la professionalità e l’esperienza di un team specializzato nella mobilizzazione dei pazienti, anche critici.

Per ogni necessità, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7: www.emergenzaforlife.it o telefono 06 86 976 146.

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Flebo a domicilio: come richiederle, come si fanno e a chi rivolgersi

Per la somministrazione di alcune terapie farmacologiche specifiche non necessariamente ospedaliere, che tuttavia non possono essere assunte oralmente, può presentarsi l’esigenza di ricorrere all’infusione di flebo a domicilio, che devono essere effettuate da personale infermieristico specializzato e competente, per assicurare la buona riuscita della cura.

Che cos’è una flebo?

La flebo, detta anche fleboclisi o terapia endovenosa, spesso abbreviata con e.v., consiste nella somministrazione di farmaci e sostanze liquide, come ad esempio soluzione salina, colloidi, emocomponenti ed emoderivati, direttamente in vena, come l’etimologia della parola greca suggerisce (φλέψ o fléps, vena).

Viene utilizzata soprattutto per la rapidità di infusione e di distribuzione dei farmaci in tutto l’organismo, essendo la terapia somministrata direttamente nel sangue e non dovendo passare tramite la metabolizzazione dell’apparato digerente e l’assorbimento intestinale.

Potendo monitorare e modificare la velocità di gocciolamento attraverso un apposito dispositivo che impedisce anche l’entrata di aria nel flusso sanguigno, la flebo è utilissima per bilanciare squilibri elettrolitici, ripristinare fluidi corporei e somministrare terapie farmacologiche.

Com’è fatta la flebo?

Il set per infusione endovenosa si compone di un flacone sterile, che può essere rigido, in vetro, o morbido, tipo sacchetto di plastica, in cui sono contenuti i liquidi da somministrare. Viene collocato in posizione rialzata, spesso appeso a un’asta di metallo o altro supporto, per sfruttare al meglio la forza di gravità che permette la discesa delle soluzioni.

Il contenitore è attaccato a un deflussore, responsabile del gocciolamento del liquido, dotato di una camera per l’eliminazione dell’aria in eccesso e di una ghiera che permette di regolare la velocità del flusso o, in caso di necessità, della sua interruzione.

Dal deflussore parte un lungo tubicino che termina in un connettore da innestare sull’agocannula a sua volta inserita nella vena.

Tutto il processo di preparazione e inserimento dell’ago in vena deve essere svolto in modo più pulito possibile, in modo da scongiurare l’insorgere di flebiti, sepsi e infezioni.

A cosa serve una flebo?

Diverse sono le applicazioni in campo medico delle flebo, sia in ambito ospedaliero che ambulatoriale, e pertanto ne esistono di svariate tipologie, più o meno sofisticate, in base alla necessità che devono soddisfare e all’accesso che si deve praticare al flusso sanguigno del paziente.

Esistono infatti cateteri venosi periferici, centrali, somministrazioni in bolo, sistemi impiantabili sotto la cute che richiedono tecnologie e strumentazioni dedicate, ma che comunque rientrano nell’ambito della fleboclisi.

In linea generale, le flebo sono utilizzate per:

  • somministrazione di farmaci che devono essere assunti nel più breve tempo possibile
  • ripristino elettrolitico e compensazione della perdita di acqua (per esempio nei casi di disidratazione)
  • reintegro di plasma e di altri fluidi corporei
  • nutrizione via parenterale
  • trasfusioni di sangue e suoi derivati
  • ripristino della massa sanguigna
  • supporto all’eliminazione di sostanze tossiche

Per le terapie domiciliari si ricorre alle flebo meno complesse e che non richiedono la trasfusione di sangue o di farmaci ospedalieri.

Flebo a domicilio, perché prediligerle

Se la prognosi di un paziente prevede l’assunzione di farmaci via endovenosa, può rendersi necessario praticare delle flebo a domicilio senza richiedere all’infermo di doversi recare personalmente nel centro di cura o in una struttura ospedaliera.

Sebbene il servizio sanitario nazionale preveda in alcuni casi l’invio di personale infermieristico atto a tale compito, per un’assistenza personale e dedicata si può decidere di rivolgersi a un servizio privato che eroghi questa tipologia di terapia.

In questo modo non solo si evita al paziente uno spostamento faticoso e che nella maggior parte dei casi richiede uno sforzo da parte sua e dei suoi familiari, ma potrà giovare dell’ambiente protetto delle mura familiari per essere accudito al meglio.

Emergenza For Life, flebo a domicilio a Roma

A Roma, Emergenza For Life fornisce un servizio privato infermieristico, specializzato per praticare flebo a domicilio nella massima sicurezza e professionalità.

Necessaria la prescrizione medica in cui devono essere riportate le indicazioni del farmaco da somministrare, le posologie e le modalità di diluizione, in base al quadro clinico del paziente.

L’infermiere che accudisce la persona da sottoporre a una flebo a domicilio rimane sul posto il tempo necessario per posizionare l’ago in vena, regolare la velocità di somministrazione della soluzione farmacologica, predisporre al meglio il paziente all’infusione e per istruire il paziente stesso o gli accuddenti sulla corretta rimozione dell’agocannula e sulla medicazione del foro di accesso.

Sia che si tratti di un intervento sporadico che di un trattamento prolungato, i nostri infermieri sono a disposizione per qualsiasi eventualità, sette giorni su sette, 24 ore su 24.

Si può prenotare il servizio in anticipo o richiedere la flebo a domicilio in qualsiasi momento, telefonando al numero 06 86976146 o fissando un appuntamento sul sito www.emergenzaforlife.it/contatti.

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Trasporti secondari: di che si tratta e come funzionano

Per trasporti secondari in ambito medico si intendono tutti quei trasferimenti di pazienti tra strutture sanitarie differenti, sia che si tratti di ospedali che di nosocomi pubblici o privati.

I trasporti secondari possono essere effettuati in ambulanza, ma anche in automedica e automezzi opportunamente attrezzati, in base alle condizioni di salute del paziente e delle problematiche che possono occorrere durante il trasferimento.

Questo tipo di trasferte sono differenti dalla chiamata dell’autoambulanza in emergenza che si effettua direttamente al 118, e pertanto possono essere concordate sia privatamente che organizzate direttamente dal servizio sanitario nazionale.

In quali casi si ricorre ai trasporti secondari?

Le occasioni per un trasporto secondario tra strutture sanitarie possono essere di diversa natura e richiedere protocolli differenziati a seconda della natura del trasferimento dell’infermo.

Il caso più classico di trasporto secondario si ha quando un paziente viene dimesso da una struttura ospedaliera ma non sia in grado di deambulare da solo a causa di anzianità, malattia o infermità. Sia che debba essere trasferito in altra opportuna struttura, ad esempio casa di cura o di riposo, sia che debba far ritorno alla propria abitazione si dovrà ricorrere a un trasporto su automezzo sanitario preposto.

In secondo luogo si può richiedere un trasporto secondario ove si necessiti raggiungere una struttura di cura per effettuare esami, visite specialistiche, interventi ambulatoriali di piccola entità o ricoveri programmati.

Ancora, si ricorre ai trasporti secondari quando un ricoverato abbia bisogno di indagini specifiche che non possono essere svolte nella struttura di provenienza e quindi si renda necessario portarlo in un altro centro per somministrargli le prestazioni o le terapie richieste.

Anche nel caso di trasporto disabili, pazienti con dialisi o che devono sottoporsi a terapie particolari, come ossigenoterapia con camera iperbarica o chemioterapia, si ricorre a un trasferimento secondario.

Infine esistono anche i trasporti secondari protetti, ossia quelli che coinvolgono pazienti in condizioni critiche o instabili per il ricovero o l’accertamento diagnostico in una struttura adeguata in caso di sovraffollamento o di impossibilità di fornire le terapie necessarie nel centro di primo ricovero. In questo caso solitamente si attiva il Sistema di Emergenza Sanitaria Territoriale che pianifica e organizza nel più breve tempo possibile il trasferimento dell’infermo.

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Mezzi, equipaggiamenti e personale nei trasporti secondari

Lo spostamento di un paziente da un luogo all’altro, anche in regime di tutela garantito sugli automezzi sanitari costituisce in tutti i casi un rischio e una fase estremamente delicata poiché prevede una sospensione, seppur momentanea, delle cure e della sorveglianza sull’evoluzione della patologia da cui è affetto.

Pertanto, anche nei casi di trasporti secondari privati, bisogna affidarsi sempre alla competenza di un team specializzato che possa intervenire efficacemente in caso di emergenza o di necessità.

I veicoli impiegati per tali trasporti possono essere ambulanze di tipo A, che abbiano cioè tutto l’equipaggiamento per un soccorso avanzato, ideali per pazienti critici o che versano in condizioni gravi, oppure autoambulanze di tipo B, conosciute anche come taxi sanitari.

A seconda dei casi, i pazienti possono essere movimentati anche su mezzi dotati di un equipaggiamento idoneo alle loro condizioni di salute.

In base al tipo di trasporto, l’equipaggio del mezzo prevede sempre una figura di autista-soccorritore che può essere coadiuvata da un infermiere e, nei casi più gravi, anche di un medico anestesista-rianimatore.

Trasporti secondari a Roma con Emergenza For Life

A Roma, sia sulle brevi che sulle lunghe percorrenze, Emergenza For Life offre un servizio di trasporto secondario per tutte le esigenze.

Il personale altamente qualificato e certificato, l’assistenza 24 ore su 24, la velocità e la facilità della prenotazione dei mezzi richiesti assicurano una rete di trasporti secondari efficace e sicura, che assicura la serenità del paziente e dei propri familiari anche in una fase delicata come quella del trasferimento intraospedaliero o ospedale-abitazione.

Per qualsiasi informazione, www.emergenzaforlife.it o contattare il numero 06 86 976 146.

Emocromo: ecco perché si fa e come richiedere un emocromo a domicilio a Roma

È l’analisi del sangue più prescritta dai medici di famiglia e serve per avere un’idea di base dello stato generale della salute del paziente: si tratta dell’emocromo, conosciuto anche come esame emacromocitometrico o abbreviato con CBC.

Ma perché è così richiesto e cosa si capisce dalla sua lettura? Dove si fa e come si può richiedere un emocromo a domicilio?

Che cos’è l’emocromo

L’emocromo è un esame laboratoriale che si esegue su un campione di sangue venoso, volto a stabilire preliminarmente lo stato di salute del paziente cui viene prelevato, attraverso la valutazione delle caratteristiche fisiche, qualitative e quantitative di tutte le cellule ematiche: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine.

Nella fattispecie i parametri analizzati dall’emocromo sono:

  • la conta degli eritrociti, meglio conosciuti globuli rossi, cellule prive di nucleo dalla tipica colorazione rossa, molto ricche in emoglobina, e dalla caratteristica forma a disco biconcavo, responsabili soprattutto del trasporto dell’ossigeno nell’organismo, dai polmoni verso gli altri tessuti. Vengono prodotti dal midollo osseo e hanno una vita di 120 giorni prima di essere degradati dalla milza.
  • la conta totale dei leucociti, o globuli bianchi, cellule preposte alla difesa dell’organismo che aumentano in quantità in caso di infezioni, infiammazioni, allergie e contatto dannoso con elementi estranei. Fanno parte dei globuli rossi i granulociti, quali basofili, eosinofili e neutrofili, oltre alle cellule mononucleate come monociti e linfociti, individuati e differenziati nella formula leucocitaria.
  • la conta dei trombociti, o piastrine, piccole cellule a forma di disco dalla vita relativamente breve, 10 giorni, responsabili della coagulazione e dell’emostasi del sangue e indispensabili per l’arresto delle emorragie.

Globuli rossi

I valori che vengono visualizzati nei risultati dell’emocromo per ciò che riguarda i globuli rossi sono:

  • l’ematocrito (sigla HCT), ossia la percentuale di eritrociti presenti nell’intero volume del sangue;
  • il volume corpuscolare medio (sigla MCV), ossia la dimensione media dei globuli e la distribuzione delle grandezze fisiche eritrocitarie (RDW)
  • l’emoglobina (sigla hB), ossia la proteina ferrosa deputata al trasporto dell’ossigeno;
  • il contenuto medio di emoglobina in un globulo (sigla MCH) e la contentrazione emoglobinica corpuscolare media (sigla MCHC), ossia quanta emoglobina è mediamente contenuta in un eritrocita o più semplicemente quanto è “colorato” un globulo rosso;

Globuli bianchi

Per quello che riguarda i globuli bianchi, l’emocromo fornisce una valutazione su:

  • quantità totale espressa in migliaia di unità per millilitro di sangue (K/ml)
  • formula leucocitaria, ossia la conta dei diversi tipi di leucociti presenti nel sangue

Piastrine

Oltre al conteggio della quantità di piastrine presenti nel sangue (K/ml), l’emocromo solitamente calcola anche il volume piastrinico medio (sigla MPV) utile a comprendere la fase di coagulazione del sangue, poiché le piastrine più giovani sono tendenzialmente più grandi di quelle vecchie.

Quando viene prescritto l’emocromo?

Come abbiamo detto, l’emocromo è una delle analisi più comunemente prescritte in ambito di medicina di base, in quanto costituisce un valido strumento di screening dello stato di salute generale del paziente.

Considerato un esame di routine, da effettuare una volta all’anno per prevenzione, può invece diventare uno strumento imprescindibile per la diagnosi o per il rilevamento di alcune patologie ematologiche ed ematopoietiche, quali l’anemia, problemi di coagulazione, infezioni croniche, tumori del sangue e leucemie, e una spia di allarme per le carenze vitaminiche e minerali, dell’insufficienza del midollo osseo,

Se l’emocromo infatti rileva delle anomalie dei valori delle cellule ematiche, il medico può prescrivere delle ulteriori indagini da effettuare.

L’emocromo serve anche a monitorare l’evolversi delle malattie del sangue o per valutare l’efficacia di un trattamento medico somministrato.

Quali risultati si possono avere dall’emocromo?

Esame dell'emocromo: perché è importante e quali sono i valori ottimali - Farmacia Armani

Pur non essendo un’indagine né esaustiva né definitiva sullo stato di salute del paziente, l’emocromo fornisce preziose indicazioni su alcune patologie facilmente identificabili. Ecco le principali:

  • Anomalie nella conta dei globuli rossi, nella valutazione dell’emoglobina, nella conformazione degli eritrociti o nei risultati dell’ematocrito possono indicare una forma di anemia (megaloblastica, falciforme, mediterranea…).
  • Anomale quantità di leucociti nel sangue possono indicare la presenza di un’infiammazione o, nei casi più gravi, di malattie autoimmuni, tumori e leucemie.
  • Un anomalo conteggio delle piastrine infine, potrebbe indicare se minore del normale una trombocitopenia o, viceversa, se maggiore della media, una trobocitemia.

In ogni caso sarà il medico curante a valutare gli esiti dell’emocromo, anche in base alle condizioni di stress, psichiche e fisiche del paziente.

Come e dove viene effettuato l’emocromo e come ci si prepara?

L’esame viene effettuato su un campione di sangue venoso solitamente prelevato dal braccio del paziente o, in casi particolari, dal polpastrello. Per i neonati e i bambini molto piccoli si procede al prelievo dal tallone.

I centri di prelievo possono essere laboratori di analisi, sia privati che ospedalieri, ma si può richiedere anche l’emocromo a domicilio, senza doversi spostare da casa.

Non è necessaria alcuna preparazione prima di sottoporsi all’indagine, ma se l’emocromo viene prescritto insieme ad altre analisi è bene osservare il digiuno richiesto da quest’ultime, in modo da non alterare i risultati.

Emocromo a domicilio a Roma, i vantaggi e come farlo

In epoca di sovraffollamento dei laboratori di analisi o semplicemente per comodità e praticità, si può ricorrere all’emocromo a domicilio, che semplifica nettamente tutte le operazioni pre e post prelievo.

Richiedendo infatti l’esame a casa, si evitano i problemi logistici di doversi recare, entro orari prestabiliti, nel centro di prelievo e altrettanto comodamente si ricevono i risultati dell’emocromo a domicilio in pochissimo tempo.

A Roma questo servizio è offerto da For Life Emergenza, che garantisce efficienza, velocità e professionalità, proponendo un check up completo, che comprende l’emocromo a domicilio, a seconda delle esigenze.

Trasporto sangue e organi, come funziona in Italia?

Come avviene il trasporto sangue e organi? Di quali mezzi necessita? E a chi rivolgersi?

Il trasferimento di organi e sangue segue precisi protocolli che garantiscono l’integrità e la salvaguardia del materiale trasportato nel minor tempo possibile.

I trapianti sono gestiti dal Centro Unico Nazionale Trapianti che organizza le richieste in base a parametri costantemente in aggiornamento e che coordina i trasferimenti di sangue e organi necessari alla riuscita degli interventi per cui sono vitali.

Quali sono gli organi e i tessuti trasportati?

I principali organi che possono essere trapiantati sono essenzialmente cuore, polmoni, reni, fegato, pancreas e intestino.

Ma ci sono anche altri tessuti del corpo umano che possono essere donati e trapiantati, quali le ossa, le cartilagini, i tendini, il midollo spinale, le valvole cardiache, i vasi, la pelle e le cornee

Capitolo a parte riguarda le sacche di sangue, il plasma, gli emoderivati e i materiali biologici: questi tessuti sono largamente utilizzati anche durante interventi di routine e non solo esclusivamente in quelli di trapianto.

Una volta che gli organi sono prelevati dal donatore, il tempo diventa un parametro essenziale per la buona riuscita del trapianto. Ogni organo, per essere preservato nelle condizioni ottimali, viene sottoposto a un trattamento speciale con apposite soluzioni chimiche che ne rallentano il processo di deperimento. Una volta stabilizzato, viene successivamente deposto in celle, contenitori, strutture rigide e borse isotermiche, in cui la temperatura rimane costante e inalterata durante l’intera fase di trasferimento. Le sacche sono progettate in modo da garantire anche l’integrità del tessuto, affinché non subisca urti e contraccolpi.

Trasporto sangue e organi in Italia

Trasporto sangue e organi

Nella maggior parte dei casi, gli organi viaggiano via aerea, su voli privati o in alcuni casi messi a disposizione dalla Presidenza del Consiglio, in modo da garantire la massima velocità possibile di trasporto.

Per il sangue e per alcuni tipi di trapianto, specie di tessuti ma anche di reni o fegato, l’urgenza è minore dati i relativamente più lunghi tempi di ischemia dell’organo, e pertanto possono viaggiare su ruota, anche se sono richiesti dei mezzi di trasporto sanitari di urgenza altrettanto sofisticati, come ad esempio le automediche debitamente allestite, che prendono il nome di autoemoteche.

Il vano di carico in questi veicoli è separato dall’abitacolo ed è predisposto a trasportare i contenitori isotermici in cui sono contenuti gli organi da movimentare. L’alloggiamento è rivestito da materiali ignifughi, auto-estinguenti e isolanti.

L’Italia vanta un’eccellenza mondiale negli interventi di trapianto, con quasi 4.000 interventi nel 2021, e quindi è stato necessario istituire un protocollo di trasporto organi e sangue ben strutturato, gestito dal Centro Unico Nazionale Trapianti, presso l’Istituto Superiore di Sanità.

Tutte le procedure da adottare devono essere rispettate alla lettera, dalla modalità di conservazione dell’organo espiantato alla temperatura delle celle frigorifere in cui deve essere depositato, dai documenti che lo accompagnano al personale addetto a maneggiare casse e soluzioni: ogni tessuto e ogni mezzo che lo trasporta è monitorato costantemente durante gli spostamenti tramite tracciamento GPS.

Trasporto pazienti in attesa di sangue e organi a Roma

A Roma, chiunque sia in attesa di ricevere un organo o abbia bisogno di una trasfusione di sangue, può contare sulla flotta di For Life Emergenza per qualsiasi spostamento da o per la struttura ospedaliera designata.

For Life mette a disposizione un servizio di ambulanze private, dotate di tutta la strumentazione necessaria per monitorare in ogni momento le condizioni di salute del paziente, con a bordo un team di personale competente e qualificato per far dronte a qualsiasi tipo di evenienza possa incorrere durante il trasporto.

In caso di bisogno di un’ambulanza privata o di un taxi sanitario, contatta il numero verde 06 86 976 146.

Automedica e ambulanza: caratteristiche e differenze

Spesso i due termini vengono utilizzati come sinonimi, ma automedica e ambulanza sono due veicoli sanitari differenti che adempiono a funzioni profondamente diverse.

Vediamo quindi quali sono le caratteristiche principali dell’una e dell’altra, a che cosa servono e quando entrano in azione.

Automedica, caratteristiche e peculiarità

L’automedica, conosciuta anche come veicolo leggero veloce VLV, o Mezzo di Soccorso Avanzato MSA, è un mezzo di trasporto che si attiva in caso di emergenza e può coadiuvare le operazioni dell’ambulanza oppure, in alcuni casi, sostituirla del tutto. Il termine non deve essere confuso con il taxi sanitario, che invece è destinato a situazioni non di emergenza.

Solitamente si tratta di autovetture di grosse dimensioni, tipo station-wagon o suv, con sirena e bande colorate arancioni, in modo da poter essere ben riconoscibile nel traffico. In alcuni casi l’automedica può essere sostituita da una moto medica, specie dove sia impossibile, per motivi di affollamento o inaccessibilità dei luoghi, raggiungere il paziente con un mezzo a quattro ruote.

La capacità di manovra di un’automedica, che risulta essere ben più agile rispetto a quella delle ambulanze, la rende indispensabile quando il soccorso deve essere effettuato nel minor tempo possibile.

Il personale a bordo di un’automedica

Un’automedica assolve infatti al compito di portare uno staff medico con competenze avanzate e specifiche il più velocemente possibile sul luogo dove sia necessario un intervento di emergenza. L’attrezzatura medica specifica di cui è dotata varia a seconda dei casi e del tipo di urgenza a cui bisogna far fronte.

Solitamente a bordo sono presenti tre figure: un medico anestesista esperto in rianimazione cardiopolmonare o in medicina di urgenza, un infermiere di pronto soccorso, di terapia intensiva o di area critica e infine un soccorritore, che fa da autista. In alcuni casi l’infermiere è anche autista del mezzo.

Attrezzatura di un’automedica

Automedica - strumenti

In definitiva, a bordo di un’automedica, trovano solitamente posto i macchinari per la rianimazione di emergenza e il monitoraggio cardiaco, come il defibrillatore e l’elettrocardiogramma, ma anche kit per effettuare flebo o iniezioni profonde, sonde, laringoscopi, ventilatori, aspiratori e tubi endotracheali per l’intubazione.

Completano l’attrezzatura farmaci che possono essere somministrati solo dal medico e materiali per l’immobilizzazione del paziente o degli arti.

A cosa serve l’automedica

Le automediche sono allertate direttamente dal 118 in ausilio alle attività dei soccorritori di un’ambulanza o nel caso in cui ci sia la necessità di intervenire sul paziente nel luogo stesso dove si è verificato l’incidente.

Un’automedica può prestare assistenza di primo soccorso anche nei casi in cui non sia richiesto un ricovero ospedaliero, potendo risolvere sul posto alcuni problemi clinici di minore entità, quali fasciature o medicazioni, evitando così di occupare un mezzo come un’ambulanza e riducendo i costi del soccorso.

Infatti, a differenza dei soccorritori delle ambulanze, il personale dell’automedica può somministrare farmaci, effettuare manovre invasive di urgenza, tra cui l’intubazione, il drenaggio, la decompressione di uno pneumotorace, iniezioni intramuscolari o endovenose. 

Il paziente, una volta stabilizzato, dovrà essere trasferito nella più vicina struttura ospedaliera solo ed esclusivamente a bordo di un’ambulanza: l’automedica infatti non può trasportare nessuno a parte l’equipe medica.

Per questo motivo solitamente automedica e ambulanza presidiano fianco a fianco eventi, grandi manifestazioni e luoghi di assembramento, così da garantire un presidio di copertura più flessibile. 

Differenze tra automedica e ambulanza

Ecco quindi un breve specchietto per riassumere le principali differenze tra automedica e ambulanza:

  • Chiamata: mentre l’ambulanza può essere chiamata da chiunque abbia bisogno di aiuto tramite il 118, l’automedica viene attivata solo ed esclusivamente dopo la valutazione da parte della centrale operativa del servizio sanitario di urgenza ed emergenza medica della gravità della situazione, del luogo da raggiungere e della necessità o meno della presenza di un medico sul posto.
  • Personale: come abbiamo visto, sull’automedica è sempre presente un medico esperto nella gestione delle urgenze, mentre sull’ambulanza non è necessario.
  • Attrezzatura: lo strumentario dell’automedica, per questioni di spazi, è più esiguo rispetto a quello che trova posto sull’ambulanza, ma è specifico per interventi da effettuare direttamente all’arrivo dov’è richiesta.
  • Finalità: l’automedica fornisce un supporto avanzato ai mezzi di soccorso di base ma in nessun caso è adibita al trasporto pazienti.

Ambulanza privata a Roma

Non sempre tuttavia è necessario l’intervento di un’ambulanza pubblica o di un’automedica, ma ci si può trovare nella condizione di aver lo stesso l’esigenza di disporre di un mezzo sanitario per il trasporto dei pazienti.

A Roma For Life Emergenza garantisce la massima tempestività e personale qualificato per qualsiasi tipo di necessità, con l’utilizzo di mezzi di ultima generazione attrezzati per far fronte a ogni evenienza. Se hai bisogno di un’ambulanza privata o di un taxi sanitario, contatta il numero verde 06 86 976 146.

Tamponi COI, tutto quello che c’è da sapere sui test antigenici rapidi di ultima generazione

Qual è la differenza tra i vari tipi di tampone per il rilevare il Covid? E cosa sono i tamponi COI?

Quando si parla di tamponi antigenici ci si riferisce a quei test immunologici in grado di rilevare la presenza di uno o più antigeni specifici virali, indicativi di un’infezione in corso.

Durante la pandemia sono stati elaborati una serie di tamponi con tecnologie diverse, capaci di accertare nel minor tempo possibile la presenza di questi anticorpi, in modo da agire tempestivamente sul paziente e da escogitare strategie di sorveglianza e protezione della sanità pubblica.

Le due principali tipologie di test per il SARSCoV-2 usate dalla maggior parte dei laboratori di analisi si suddividono in qualitativi e quantitativi.

Con l’avanzata della variante Omicron, molto più contagiosa sebbene meno pericolosa, è stato necessario elaborare un tampone che fornisse indicazioni più attendibili sull’infezione: il Ministero della Salute ha così approvato un nuovo tipo di test che presto ha fatto capolino in farmacia, il cosiddetto “antigenico quantitativo con indice COI”, o per abbreviazione “tampone COI”.

Tamponi quantitativi e tamponi qualitativi

Prima di analizzare nel dettaglio i vantaggi del tampone COI, è bene fare la distinzione tra test qualitativi e quantitativi.

I primi, chiamati anche test rapidi, rilevano se la persona esaminata abbia sviluppato gli anticorpi specifici contro il virus, come le immunoglobuline IgM, IgG e IgA, che si attivano durante l’infezione e pertanto fungono da cartina al tornasole dello stadio della malattia. La tecnica usata per questo tipo di tamponi è detta immunocromatografia, che ha il vantaggio di dare una risposta in tempi brevissimi di positività o negatività, sebbene con un discreto margine di errore.

I secondi, chiamati anche sierologici, invece, valutano la quantità, da cui il nome, di anticorpi prodotti dall’individuo, in modo specifico e nel tempo, utilizzando la tecnica dell’elettrochemiluminescenza (ECLIA) o il metodo immunoenzimatico (ELISA). Avvalendosi di macchinari automatizzati di alta precisione, questi test hanno un’affidabilità molto alta.

L’andamento delle immunoglobuline è indicativo della decorrenza dell’infezione, poiché solitamente nelle prime fasi di malattia le IgM tendono a salire per poi abbassarsi e lasciare il posto all’innalzamento delle IgG: l’indice di guarigione è dato quando a comparire nei test sono solo quest’ultime, anche se non si può sapere da quanto tempo sia effettivamente passata la malattia.

Cos’è il tampone antigenico COI

Negli ultimi tempi si sono affermate una seconda generazione e una terza generazione di tamponi rapidi basati su una tecnica sia qualitativa che quantitativa, in grado di definire, oltre la positività o la negatività della presenza dell’antigene, anche la carica virale presente nell’organismo.

I tamponi COI, definiti come semi-quantitativi, hanno introdotto il cosiddetto Cut Off Index, ossia un valore di soglia oltre il quale il risultato del test è incontrovertibile: se l’unità di misura supera il numero 10, infatti, il test è sicuramente positivo.

Se invece il valore è positivo ma sotto al 10 bisognerà procedere con un’indagine molecolare per validare il risultato.

Chi può fare i tamponi COI?

I tamponi COI sono indicati per tutte le persone, vaccinate e non, che intendano verificare il proprio stato di salute, o che abbiano il sospetto di essere venute a contatto con il virus.

Come si effettuano i tamponi COI?

Questi test si avvalgono della immunofluorescenza microfluidica per rilevare direttamente e qualitativamente l’antigene della proteina nucleocapside del Covid, attraverso il prelievo per via nasofaringea di campioni nasali.

Il test è largamente disponibile in farmacia e nei laboratori di analisi e deve essere effettuato da personale qualificato.

I vantaggi dei tamponi COI

I tamponi di ultima generazione hanno l’enorme vantaggio di avere un’accuratezza simile ai test molecolari, ma con un netto taglio delle tempistiche di risposta: a seconda dei reagenti utilizzati l’esito sarà disponibile tra i 15 minuti e le 2 ore al massimo.

I test con COI possono sostituire inoltre il molecolare anche nel caso di autosorveglianza o di certificazione per inizio/fine malattia e non richiedono la prescrizione del medico di famiglia.

Infine, essendo equiparati ai test rapidi, il loro costo rimane contenuto.

Dove fare un tampone con indice COI a Roma?

Sono molte le farmacie e i laboratori di analisi a Roma che oggi forniscono la possibilità di richiedere un tampone COI, prenotando preventivamente o chiedendo disponibilità direttamente in loco.

Tuttavia per semplificare ancora di più la procedura si può richiedere un tampone COI direttamente a casa: come? Basta riempire il form di For Life Emergenza o chiamare in caso il numero verde 06 86 976 146: un team specializzato e altamente formato saprà fornirvi tutti i dettagli e le disponibilità per ricevere assistenza direttamente a casa tua.

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